Autore: Karel Capek
Traduzione dal ceco: Emilia Vinarova
Quando parliamo di tutto quello che riesce a fare un gatto, dobbiamo raccontare ancora una cosa. La principessa aveva sentito da qualche parte che quando una micia cade dall’alto, cade sempre in piedi e pertanto non le succede niente. Una volta lei prese Jura, salì al solaio e per provare buttò giù dalla finestra da un’enorme altezza la cara Jura. Subito dopo fece capolino per vedere se la sua micia era caduta in piedi veramente; ma Jura non era caduta in piedi perché era caduta sulla testa di un signore che passava in quel momento sotto in strada. Forse Jura gli aveva piantato gli artigli in testa, perché qualcosa non gli era piaciuto – in breve non lasciò che la gatta rimanesse seduta sulla sua testa, come forse la principessa poteva pensare, che doveva fare, ma la tolse e la infilò sotto il cappotto e con passo veloce sparì.
Piangendo e disperandosi la principessa corse dal solaio direttamente dal signor re. "Bu, buu," piangeva, "è passato sotto un signore e ci ha rubato Ju-Juura!"
Il re sentì questo e si spaventò. Qui la gatta, là la gatta, pensava, ma quella gatta deve portarci il futuro re. Perciò, pensava, non mi piace perderla.
Subito fece chiamare il capo della polizia. "Così e così,” gli disse, "qualcuno ha rubato Jura la nostra gatta nera. Dicono che l’ha messa sotto il cappotto e l’ha portata via."
Il capo della polizia aggrottò le sopracciglia, pensò mezz’ora e dopo disse:”Signor re, troverò quella gatta, con l’aiuto del Signore, della polizia pubblica e della polizia segreta, di tutto l’esercito, dell’artiglieria, della marina, dei vigili del fuoco, dei sottomarini e dei dirigibili, degli indovini, delle cartomanti e di tutta la cittadinanza.”
Il capo della polizia subito fece chiamare i migliori agenti segreti. Un agente, bambini, è un signore, che lavora nei servizi segreti della polizia ed è vestito come ogni altra persona, ma è sempre mascherato di qualche cosa, così nessuno lo può riconoscere. E l’agente capisce tutto, trova tutto, chiunque raggiunge, sa tutto e non ha paura di niente. Come potete vedere non è così facile essere un agente.
Quindi il capo della polizia subito chiamò i suoi migliori agenti segreti. Loro erano i tre fratelli, Všetecka , Všudybyl e Vševed ; inoltre l’astuto italiano Signor Mazzani , l’allegro e grasso olandese Mynheer Valijse , il gigante slavo Jakolev e il cupo scozzese di poche parole Mister Nevrley . Cinque parole e già sapevano di che cosa si trattava; e che chi acciufferà quel ladro, otterrà un grande premio. "Si," esclamò Mazzani.
"Jaa," disse allegramente Valijse.
"Mm," borbottò Jakolev.
"Well," aggiunse in modo asciutto Nevrley.
Všetecka, Všudybyl e Vševed fecero solo un cenno.
Dopo un quarto d’ora Všetecka seppe che il signore con la gatta nera sotto il cappotto era sulla Via Spalena .
Dopo mezz’ora Všudybyl disse che il signore con la gatta nera sotto il cappotto aveva girato ed era salito verso Vinohrady .
Dopo un’ora si precipitò Vševed, il signore con la gatta nera sotto il cappotto stava seduto nella taverna di Strašnice con un boccale di birra.
Mazzani, Valijse, Jakolev e Nevrley saltarono sulla prima automobile e schizzarono via verso Strašnice.
"Ragazzi," disse Mazzani, quando arrivarono lì, "questo ladro così scaltro si deve prendere con l’astuzia. Lasciate fare a me.” E intanto, il furbo, pensava soltanto di prendersi da solo il premio promesso.
Allora si travestì velocemente da cordaio, che vende le corde, ed entrò nella taverna. Vede lì seduto uno straniero vestito di nero, con capelli neri, con baffi neri, con viso pallido e con occhi belli sebbene malinconici. "Questo è lui," capì subito l’agente.
"Pan signor cavaliere," gli cominciò a borbottare in ceco storpiato, "vendo corde, corde belle, resistenti, non si possono rompere, non si possono slegare, corde come di ferro. Intanto mostrava le sue corde, le stendeva, tirava, tendeva, srotolava, spostava da una mano ad altra, ma nel frattempo i suoi occhi cercavano soltanto il momento giusto per gettare velocemente la corda con il nodo sulle mani dello straniero e rapidamente stringere e legare.
"Non ho bisogno,” disse lo straniero e qualche cosa scriveva con il dito sul tavolo.
"Date solo uno sguardo, signore”, borbottava Mazzani con più zelo e lanciava, tendeva, srotolava le corde ancora più velocemente, "guardate solo come sono lunghe, come sono resistenti, come sono fini, come sono forti, come sono bianche, come sono buone, come sono – come sono – Diavolo," urlò improvvisamente con angoscia, "che cosa è questo?" Mentre lanciava, tendeva, stendeva e rigirava queste corde, in qualche modo strano le sue mani cominciarono ad aggrovigliarsi in esse; e le corde da sole si avviluppavano, si torcevano, s’intrecciavano, si annodavano, si legavano, si stringevano, e all’improvviso (guardava come pazzo) si era legato completamente e fortemente da solo le mani con le corde.
Mazzani cominciava a sudare dall’angoscia, ma pensava di riuscire ancora a sbrogliarsi. Cominciò a torcersi e girarsi, gettarsi e agitarsi, saltava, si piegava e ruotava per districarsi in qualche modo da queste corde, e nello stesso tempo parlava sempre più velocemente: " Guardate, guardate, che lavoro, che forza, che resistenza, che solidità, che lunghezza, che elasticità, che bellezza, Dio mio, che corde!” E mentre girava e saltava così, le corde sempre più forte e velocemente si arrotolavano e si avvolgevano, si annodavano e si legavano e rimasto senza fiato, legato per le mani e per i piedi, completamente fasciato e annodato, il signor Mazzani cadde per terra.
Lo straniero sedeva, senza battere ciglio, non alzò neanche i tristi occhi, solo sembrava che disegnava con il dito qualche cosa sul tavolo.
Intanto agli agenti di fuori sembrò strano, che Mazzani non tornasse. "Mm," esclamò deciso Jakolev ed entrò nella taverna. Vede Mazzani stare per terra legato e al tavolo lo straniero, con la testa chinata che disegna qualche cosa con il dito sulla tovaglia.
"Mm," ruggì il gigante Jakolev
"Che cosa," domandò lo straniero, "volete dire con questo?"
"Che vi arresto," disse rude Jakolev.
Lo straniero alzò solo i suoi incantevoli occhi.
Jakolev già alzava il suo enorme pugno per colpire, ma davanti a questi occhi sentì un certo malessere. Infilò tutte e due le mani in tasca e disse : "Io, dico, che è meglio che venite con le buone. A quello che acchiappo, non gli rimane un osso intero in corpo."
"Davvero," disse lo straniero.
"Già," continuò l’agente. "A chi do un colpetto sulla spalla, rimane per sempre storpio. Mi chiamano Jakolev il Forte."
"Caro batiushka ," diceva lo straniero, "forse questo è buono, ma la forza non è tutto. E quando parlate con me, potete gentilmente levare le mani dalle tasche."
Jakolev si vergognò e subito voleva levare le mani dalle tasche. Ma che cosa succede? Non riesce a tirarle fuori. Prova con la destra e rimane nella tasca come attaccata. Prova con la sinistra – come se pesi di quintali la tenessero nella tasca. E anche se ci fossero quintali, la avrebbe tirata fuori, ma non riesce in nessun modo a levare la mano dalla tasca, anche se tira e strappa e cerca di staccarla con tutta la forza.
"Questi sono cattivi scherzi," borbottò Jakolev impotente.
"Nemmeno tanto cattivi, come pensate," disse piano lo straniero e cominciò a disegnare con il dito sul tavolo.
Mentre Jakolev si sforzava e sudava e si torceva per tirare le mani fuori dalle tasche, agli agenti sembrò strano che non tornasse. "Vado lì," disse Valijse brevemente, e così come era largo, ruzzolò dentro la taverna. Guarda - Mazzani sta legato per terra, Jakolev con le mani nelle tasche balla per la sala come un orso, e al tavolo lo straniero, a capo basso, scarabocchia con il dito sul tavolo.
"Venite ad arrestarmi ?" domandò lo straniero, prima ancora che Valijse potesse dire qualche cosa.
"A disposizione," esclamò prontamente Valijse e tirò fuori dalla tasca le manette di ferro. "S’accomodi solo, vossignoria, di darmi le manine, ci mettiamo le manette, prego, manette belle e fredde, completamente nuove, vossignoria, di acciaio finissimo con una bella catena blindata, tutto della miglior qualità." Intanto scherzoso Valijse sferragliava con le manette e le spostava da una mano all’altra, come se mostrasse della merce. "S’accomodi a scegliere,” – continuava a parlare allegramente, "non forzo nessuno, solo un po’ chi non vuole da solo; braccialetti superfini, vossignoria, con serratura patentata, ben aderenti, non stringono e non premono da nessuna parte,” – qui cominciò Valijse a diventare rosso e a sudare e gettare sempre più velocemente le manette da una mano ad altra – "bellissime ma- manette, fatte apposta per il signore, uh, o Dio, o Dio! di acci- acci-aio per cannoni, signore, temperate nel fu-fu-fu o Dio! nel fuoco nel più ro-ro-rovente f-f-forno a-accidenti!" strillò all’improvviso Valijse e buttò le manette per terra. Per quanto, poveraccio, non le buttava e non le gettava da una mano all’altra! le manette rimanevano sempre arroventate sino al color bianco, e nel momento in cui caddero per terra, bruciarono il pavimento e per miracolo non lo incendiarono.
Nel frattempo di fuori Nevrley stava perplesso perché nessuno ritornava. "Well," esclamò con decisione, tirò fuori la rivoltella e penetrò nella taverna. Guarda - dappertutto è pieno di fumo, Valijse salta per la sala dal dolore e si soffia sui palmi, Jakolev si contorce con le mani dentro le tasche, Mazzani sta per terra legato, e al tavolo lo straniero, a capo basso, scarabocchia qualche cosa sulla tovaglia.
"Well," pronunciò Nevrley ed andò con la rivoltella dritto verso lo straniero. Lo straniero alzò su di lui il suo sguardo dolce e pensieroso. Nevrley sentì che gli cominciava a tremare la mano davanti a quegli occhi, ma vinse se stesso e sparò allo straniero dalla distanza più ravvicinata tutti e sei i colpi della rivoltella in fronte tra gli occhi.
"Siete già pronto?" chiese lo straniero.
"Ancora no," rispose Nevrley, tirò fuori la seconda rivoltella e sparò altri sei colpi in fronte allo straniero.
"Pronto?" chiese lo straniero.
"Sì," disse Nevrley, si girò sui talloni e incrociando le mani, si sedette in un angolo sulla panchina.
"Vorrei pagare," chiamò lo straniero e tintinnò con un sestino sul bicchiere. Nessuno della casa venne. Tutti si erano nascosti per la paura nel solaio, quando avevano sentito gli spari. Lo straniero lasciò il sestino sul tavolo, salutò gli agenti e tranquillamente se ne andò.
In quel momento comparve in una delle finestre la testa di Všetecka, nell’altra quella di Všudybyl e nella terza quella di Vševed. Per primo dalla finestra saltò nella sala Všetecka. "Ragazzi," disse, "dove lo tenete?" E cominciò a ridere.
Dalla seconda finestra saltò Všudybyl. "Mi sembra", rideva, "che Mazzani qui si rotola per terra."
Dalla terza finestra saltò Vševed "Mi sembra", disse, "che Valijse adesso è un po‘ di malumore"
"Io penso," infierì Všetecka, "che Nevrley adesso non guarda come un leone."
"Ed io," aggiunse Všudybyl, "che Jakolev non è proprio astuto."
Mazzani si sedette sul pavimento. "Ragazzi," si difese, "questo non è giusto. Quel ladro mi ha legato e intanto non mi ha toccato con un dito."
"E a me," borbottò Jakolev, "ha congelato le mani nelle tasche."
"E a me," si lamentò Valijse, "ha arroventato le manette nelle mani."
"Well," aggiunse Nevrley, "tutto questo non è niente. Io gli ho sparato dodici colpi in fronte, e non gli è rimasto da essi neanche un graffio."
Všetecka, Všudybyl e Vševed si guardarono.
"Mi sembra," cominciò Všetecka.
"- che quel ladro -" continuò Všudybyl.
"- è effettivamente un mago," concluse Vševed.
"Pero, ragazzi," disse di nuovo Všetecka, "ormai è nostro. Abbiamo portato con noi mille soldati -"
"- e abbiamo circondato questa taverna," continuò Všudybyl.
"- neanche un topo da qui scappa," aggiunse Vševed.
In quell’instante risuonò un colpo da mille fucili, come un tuono.
"E‘ finita con lui ormai," esclamarono tutti gli agenti come dalla stessa bocca.
Le porte si spalancarono e nella sala saltò il comandante dei soldati. "Permettetemi di fare rapporto," cominciò, "avevamo circondato la taverna. Avevo ordinato che neanche un topo dovesse uscire dalla taverna. E allora, ragazzi, dalla porta è volata una colomba bianca con occhi teneri che ha cominciato a volteggiare intorno alla mia testa."
"Ah," gridarono tutti; solo Nevrley disse: "Well."
"Ho tagliato con la sciabola questa colomba," continuò il comandante, "e contemporaneamente tutti i mille soldati le hanno sparato. La colomba è andata in mille pezzi, ma ogni pezzo è diventato una bianca farfalla che è volata via. Ho fatto il rapporto, adesso che cosa si fà."
Gli occhi di Všetecka brillarono. "Bene," ordinò , "chiamate tutto l’esercito, le riserve e la milizia territoriale, mandateli in tutte le terre per prendere queste farfalle."
E così successe, e possiamo dire in anticipo che in questo modo è stata creata quella bella collezione di farfalle che ancora oggi espongono al Museo Nazionale. Chi sta a Praga deve andare a vederla.
Dopo di questo Všudybyl disse agli altri: "Ragazzi, adesso non servite più qui, noi in qualche modo decidiamo anche senza di voi."
E tornarono indietro tristi e a mani vuote: Mazzani, Valijse, Nevrley, Jakolev.
Všetecka, Všudybyl e Vševed si consigliarono a lungo, come fare con il mago. Intanto fumarono un quintale di tabacco, mangiarono e bevvero tutto quello che si trovava a Strašnice, ma non decisero niente. Alla fine Vševed disse: "Ragazzi, così non può andare. Dobbiamo uscire un po‘ all’aria."
Allora uscirono di fuori, e appena arrivarono davanti alla taverna, videro il mago in persona. Stava seduto lì e guardava con molta curiosità che cosa faranno.
"E‘ qui," gridò allegramente Všetecka e con un balzo acchiappò il mago per la spalla. Ma di colpo il mago si trasformò in un serpente, e Všetecka si spaventò e lo scaraventò per terra.
Allora arrivò subito Všudybyl e buttò su quel serpente il cappotto. Ma il serpente si trasformò in moscerino dorato che scivolò via dall’asola all’aria aperta.
Vševed scattò e prese il moscerino dorato con il berretto, ma il moscerino si trasformò in un ruscelletto che corse via dal berretto.
Saltarono tutti dentro la taverna per i bicchieri, per prendere il ruscelletto con i bicchieri. Ma il ruscelletto argenteo ormai era scappato da loro e si era riversato nella Vltava (Moldava). Per questo oggi la Vltava quando è di buon umore è così bella argentea: ricorda il mago, mormora pensierosa e scintilla e alla gente comincia a girare la testa.
Dopo quanto accaduto Všudybyl, Vševed e Všetecka stavano sulla riva della Vltava e pensavano che cosa fare. In quell’attimo dall’acqua fece capolino un pesce argentato e li guardò con occhi neri splendidi, davvero con gli occhi del mago. E tutti e tre gli agenti comprarono canne da pesca e cominciarono a pescare nella Vltava. Li potete vedere ancora oggi lì, come per tutto il giorno stanno con le canne sopra le barche a pescare e non dicono una parola, non avranno pace fino a che non prenderanno il pesce argenteo con gli occhi neri.
Ancora molti altri agenti hanno cercato di prendere il mago, ma invano. Succedeva che quando correvano con le macchine per prenderlo, all’improvviso dal sottobosco spuntava la testa di un cerbiatto e li guardava con occhi neri, teneri, curiosi; e quando volavano con l’aereo, dopo di loro volava l’aquila che li teneva d’occhio con i suoi fieri, fiammeggianti occhi; e quando andavano con la nave, saltava dal mare un delfino e posava su di loro il suo tranquillo ed intelligente sguardo; e quando erano nei loro uffici, succedeva, che i fiori sul tavolo cominciavano a scintillare e li guardavano con grazia e curiosità, o il loro cane di polizia alzava la testa all’improvviso e li guardava con occhi così umani e belli, come non aveva fatto mai prima. Da tutte le parti sembrava loro che li guardasse il mago, guardava e di nuovo scompariva: come avrebbero potuto catturarlo?
Všetecka – impiccione, ficcanaso
Všudybyl – traffichino "všudy"+ "byl" = stare dappertutto
Vševed – sapientone "Vše" +"ved" = sa tutto
Mazzani – "mazaný” - astuto
Mynheer Valijse – "Mynheer" in olandese = Signore "valit" = rotolare
Jakolev – composto dalle parole "jako" = come + "lev" = leone
Nevrley – "nevrlý" = acido, burbero
via Spalena – spálený = bruciato
Vinohrady – quartiere di Praga, vinohrady = vigna
Strašnice - quartiere di Praga, strašný = spaventoso
batiushka - in russo "paparino”.
© Emilia Vinarova. Tutti i diritti riservati.